La mano che medita

James M. Bradburne

Sono tra i pochi che continuano a disegnare anche dopo la fine dell’infanzia, continuando e perfezionando il disegno infantile, senza la tradizionale interruzione della formazione accademica.
— Saul Steinberg

A dispetto della fama conquistata grazie alle incantevoli copertine e illustrazioni interne per il New Yorker, proprio come i coevi Calder e Munari, Saul Steinberg non ha mai ricevuto il riconoscimento internazionale che merita come straordinario artista attivo in una vasta compagine di media. È stato etichettato semplicemente come illustratore così come, banalizzando, Munari è stato definito designer e Calder scultore per bambini. In tutti e tre i casi la realtà è molto più complessa e la produzione di questi autori sfugge a facili definizioni. Oltre ai lavori per le riviste, Steinberg si è dedicato all’arte pubblicitaria, ai tessuti, alle scenografie, ai murales e a produzioni artistiche per gallerie e mostre in tutto il mondo. Essendo stato attivo su più fronti, i canoni della storia dell’arte del dopoguerra risultano di difficile applicazione. Lo stesso Steinberg affermava: “Non appartengo del tutto né al mondo dell’arte, né del fumetto, né delle riviste, così il mondo dell’arte non sa bene come posizionarmi”.

Saul Steinberg nasce in Romania da una famiglia di origine ebraica. Nel 1933 si iscrive al Politecnico di Milano per studiare architettura e si laurea nel 1940. Nel 1936 inizia a collaborare con il giornale umoristico Bertoldo. Dal 1931 a Roma si stampava un giornale satirico di grande successo, il Marc’Aurelio, e nel 1935, visto il successo, Angelo Rizzoli incaricò Giovanni Mosca e Vittorio Metz di crearne uno in concorrenza. Il primo numero del nuovo giornale uscì il 14 luglio 1936. Bertoldo si fece subito notare per lo stile innovativo, l’anticonformismo e una certa leggerezza che contrastava con lo stile denso dei giornali dell’epoca. A differenza della satira politica esplicitamente antifascista, le penne di Bertoldo si mantennero sempre a debita distanza dalla politica. La pubblicazione divenne rapidamente molto influente nell’Italia degli anni ’30 e non passò inosservata a Mussolini e al regime. Nel 1938 le leggi razziali costrinsero Steinberg, ebreo, a rifugiarsi in un altro paese. Bertoldo rimase in attività finché la sede milanese del giornale non subì il bombardamento alleato nel 1943. I tentativi di far risorgere Bertoldo come giornale di propaganda filonazista fallirono per il rifiuto dell’editore Rizzoli di collaborare con i nazifascisti dello Stato fantoccio tedesco di Mussolini, la Repubblica di Salò. Nel 1941 Steinberg fuggì nella Repubblica Dominicana, dove trascorse un anno in attesa di un visto per gli Stati Uniti. A quel punto, i suoi disegni erano già apparsi su diversi periodici statunitensi. Il suo primo contributo per il New Yorker fu pubblicato nell’ottobre 1941 mentre egli giunse a New York nel luglio dell’anno successivo. Dopo la Seconda Guerra Mondiale, Steinberg fu incluso nell’acclamata mostra “Fourteen Americans”, organizzata dalla importante curatrice Dorothy C. Miller, al Museum of Modern Art, all’epoca sotto la visionaria direzione di Alfred Barr. Dopodiché espose in più di 80 mostre personali in gallerie e musei in tutti gli Stati Uniti, l’Europa e il Sud America.

La linea è un elemento centrale nella produzione di Steinberg e alcune delle sue opere più rimarchevoli, tra cui i quattro leporelli realizzati per la Triennale di Milano del 1954, evocano le parole con cui Paul Klee apre il suo libro di lezioni per il Bauhaus: “Un disegno è semplicemente una linea che va a passeggio”. Le linee di Steinberg fanno molto più che passeggiare, volano, volteggiano, si accartocciano, fuggono. Le sue linee sono profondamente comunicative, sia che catturino l’imperscrutabile sguardo di Van Gogh o il sorriso languido di una giovane donna sdraiata su un divano. Nel complesso, la produzione di Steinberg è notevole per la sua varietà, ma trasmette comunque una visione artistica coerente e coinvolgente.

La generosa donazione delle opere di Saul Steinberg alla Biblioteca Nazionale Braidense è una delle più grandi nella storia della Fondazione. Ma perché Milano? Perché la Biblioteca? In parte la risposta è: serendipità. Durante la preparazione della mostra di Steinberg alla Triennale di Milano (15 ottobre 2021 – 1 maggio 2022), la studiosa di Steinberg Francesca Pellicciari ha discusso con Patterson Sims, direttore generale della Fondazione Saul Steinberg, la possibilità di donare le opere specificamente legate all’esperienza italiana di Steinberg a una grande istituzione culturale del paese. Il candidato più ovvio era la Pinacoteca di Brera, uno dei principali musei d’arte italiani. Dal 2014, a seguito di una serie di radicali riforme del settore culturale italiano, la Pinacoteca è stata incaricata di gestire l’adiacente Biblioteca Nazionale e il nuovo direttore generale è stato nominato responsabile di entrambe le istituzioni. Ciò ha naturalmente creato attriti e preoccupazioni, ma anche nuove opportunità per entrambe le istituzioni che sono ugualmente eccezionali poiché nate dall’Illuminismo milanese e dalla Rivoluzione francese. La Biblioteca fu creata dalla lungimirante imperatrice Maria Teresa d’Asburgo nel 1786, mentre la Pinacoteca fu voluta da Napoleone, che la considerava il “Louvre d’Italia”, ovvero un’istituzione dedicata all’istruzione pubblica. Nel 1938, il direttore della Pinacoteca, Ettore Modigliani, fu licenziato due settimane prima del suo pensionamento a causa delle stesse leggi razziali che costrinsero Steinberg a fuggire dall’Italia. A succedere a Modigliani fu la sua pupilla, Fernanda Wittgens, che fu poi arrestata e incarcerata nel 1944 per aver aiutato degli ebrei a fuggire in Svizzera dopo la presa di potere nazista del 1943. Nella decisione di collocare la generosa donazione di Steinberg nella Biblioteca piuttosto che nel gabinetto di disegni del museo, ha giocato un ruolo decisivo lo stretto legame di Steinberg con Milano e, in particolare, con Bertoldo. Nella Biblioteca, infatti, le opere di Steinberg entrano nel contesto del vitale e dinamico mondo letterario milanese dell’anteguerra, in cui la Biblioteca stessa svolse un ruolo rilevante. Per certi versi, tuttavia, la distinzione è artificiale poiché le due istituzioni si sono ormai fuse e condividono, insieme al resto delle istituzioni del Palazzo di Brera, una storia comune. Questa mostra è un contributo all’esplorazione di questa storia comune, una storia che collega artisti a libri, passioni a luoghi, persone a idee.

I saggi qui riportati, sono tratti dal catalogo della mostra:

SAUL STEINBERG UP CLOSE
238 pagine, cartonato, testi in italiano e inglese
21x25 cm - 38,00 €

© 2022 Biblioteca Nazionale Braidense
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